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Università degli Studi di Udine
Master universitario in
Innovazione Didattica e Orientamento
“ Professione
docente”
Docente Dott. Bruno Forte
Introduzione
L’elemento di reale novità storica non è costituito
tanto dai processi di sviluppo tecnologico, indubbiamente accelerati
e a cui si fa costante riferimento, quanto piuttosto dalla dimensione
di progettata integrazione europea e più ancora dallo scenario
della globalizzazione. Nuovi fenomeni migratori e conseguenti convivenze
multietniche, appaiono attraversati da spinte di segno opposto, da tensioni
e conflitti al limite della lacerazione sociale ,come pure da importanti
ripensamenti di segno interculturale.
La condizione generale, per larghi aspetti realmente nuova, impone di
rimettere in discussione il ruolo professionale e sociale degli insegnanti.
I contesti sociali si pongono nei confronti del sistema formativo- scolastico
con atteggiamenti connotati da pronunciata ambiguità :da un lato
la responsabilità di quanto accade, delle emergenze che si presentano,
costituiscono nuovi compiti alla scuola, dall’altro vengono screditati
i docenti come incapaci ed inadeguati ad elaborare coerenti risposte.
Nell’immaginario sociale la scuola è sempre meno legittimata
,e i docenti vivono ormai l'ansia da inadeguatezza, indotta da una tendenza
al discredito. Si tratta di un “gioco perverso” di rimozione
sociale della responsabilità e dell’impegno, circoscrivendoli
all’interno dell’istituzione scolastica ben sapendo che la
sua “mission” non può diventare tuttologica in quanto
esploderebbe la scuola stessa ed i suoi operatori.
Nella seconda metà dell’Ottocento e fino alla prima metà del
Novecento, ai sistemi scolastici era attribuita una precisa consegna
orientata alla costruzione della nazionalità, della Patria come
identità basata sulla riscoperta delle radici; ne conseguiva una
carica etica e progettuale che delineava l’ insegnante della scuola
elementare come “educatore del popolo” e il docente della
scuola secondaria come “intellettuale ,portatore di coscienza critica”,
connotati entrambi dalla convergenza verso la costruzione dell’identità nazionale.
Il maestro elementare, più spesso la maestra, si impegnavano nello
sviluppo di una coscienza del progresso e dell’eticità sociale,
il professore si coinvolgeva nella prospettiva di una coscienza della
memoria, quale rigeneratore di cultura, mediante la disciplina professata.
Il consenso sociale sosteneva convintamente il perseguimento di tali
obiettivi.
Dal dopoguerra inizia il processo di sviluppo del sistema scolastico
ampliando significativamente l’accesso alla scuola fino ai gradi
più alti, favorendo la conoscenza sempre più diffusa dei
saperi di scuola ,moltiplicando i profili di “ex allievi”.
Anche per i docenti si assiste ad un processo progressivo di sviluppo
di competenze professionali, ma questo non è sufficiente per il
riconoscere loro un sapere specifico, ma piuttosto si diffonde capillarmente
nel tessuto sociale la convinzione che tutti sono autorizzati a sentirsi
insegnanti. La professione docente, anche per il profilarsi di sempre
più ampie emergenze sociali, dai ragazzi in situazione di handicap,
al fenomeno delle tossicodipendenze, delle fratture identitarie dei giovani,
alla presenza di allievi proveniente da culture “altre”,
si è trovata a dover affrontare problematiche inedite con la modalità del “fai
da te”. Il profilo si è fatto sempre più “generico” e
il professionista è stato costretto dalle situazioni a rafforzare
il suo diventare “assistente sociale” senza averne le competenze
.Il sistema amministrativo-burocratico si mobilitava con la consueta
lentezza e l’insegnante si trovava in prima linea ; tanti sono
stati veri e propri pionieri, ma il corpo sociale per quel perverso gioco
di rimozione cui facevamo riferimento ,ha messo sotto accusa i docenti.
Agli stessi si sono attribuite tutte le responsabilità della “malascuola” ,fino
a coniare lo slogan. ”buoni insegnanti fanno una buona scuola”.
Si tratta di una evidente semplificazione in quanto per costruire una “buona
scuola” sono indispensabili altri ingredienti: una diffusa coscienza
sociale dell’educazione, quale investimento strategico, un governo
del sistema che si preoccupi di delineare condizioni favorevoli ,la possibilità di
liberarsi da una pericolosa retorica sui bambini ,ragazzi e giovani e
sulla presunta centralità della stessa scuola ,senza che vengano
messi in atto qualificate e mirate azioni politiche.
La sociologia delle professioni non ha esitato a relegare i docenti nel
profilo di una “semi-professione” in quanto mancherebbero
alcuni connotati essenziali per il riconoscimento pieno dell’ insegnamento
come professione : non ha un condiviso codice deontologico, non esprime
rappresentanze significative della comunità professionale ,non
si fa sufficientemente carico dello sviluppo e dell’accredito sociale
della professione mediante la comunità professionale, perpetua
una concezione ed un comportamento di segno individualistico ,preoccupandosi
troppo poco dello statuto dei saperi professionali riproponendo ancora
una idealistica concezione “artistica” .C’è ancora
molta strada da percorrere con la diffusa consapevolezza che il processo
di costruzione dell’autonomia offre importanti opportunità ,ma
a certe condizioni. Anzitutto ,oltre alla giusta insistenza circa le
dimensioni istituzionali,
è
necessario posizionare le valenze dell’autonomia professionale
,accompagnata da una riflessione circa l’autonomia pedagogica.
E’ fuor di dubbio che delineare un sistema formativo delle autonomie
comporta carichi di lavoro maggiori per gli insegnanti che debbono diventare
soggetti attivi nella comunità scolastica. La prospettiva della
ricerca-azione sulle azioni di scuola, come pure i necessari percorsi
di autovalutazione , comportano , da parte degli insegnanti ,il farsi
carico dello sviluppo culturale e formativo della comunità professionale
quale componente co-essenziale per la costruzione del profilo di una
comunità scolastica dell’autonomia.
Proprio l’assunzione dell’autonomia quale criterio interpretativo
e regolativo della scuola, comporta una serie di ricadute in reazione
alla visione professionale attiva dei docenti:
- Partecipare all'impresa: la progettualità organizzativa
- Nel mondo della scuola la cultura dell’organizzazione
non ha trovato sempre significativa attenzione in quanto troppo spesso,
nella
prassi quotidiana, la scuola si è posta al riparo rifugiandosi
nell’attesa di norme da applicare con atteggiamento burocratico-esecutivo
corrispondenti ad un profilo impiegatizio del docente. Per troppo tempo
la visione meccanicistica dell’organizzazione rispondeva al primato
dell’amministrativo sul pedagogico.
- L’idea organizzativa
di “rete” ,segnata dall’interscambio,
dall’interazione, dall’articolazione di diverse responsabilità decisionali,
che si esprime in legami orizzontali, è oltremodo feconda di sviluppi.
Anzitutto viene riconsiderata l’identità di appartenenza
del docente alla scuola, in dialogo con il quadro istituzionale, che
si esprime in progetti di sistema a livello di istituto; la tensione
progettuale innesca positivi processi di motivazione che portano i docenti
a porre la propria autonomia e libertà professionale al servizio
di strategie collettive che, incidono sull’istituito, mediante
gli spazi di esercizio dell’ istituente.
- La libertà di insegnamento : da “privata” a “professionale”
- Un nodo centrale intorno al quale ruota la funzione
docente è costituito
dalla libertà di insegnamento, non come dato o come garanzia,
bensì come problema dinamico che necessita di una continua ridefinizione
e reinterpretazione a livello operativo. La libertà di insegnamento
trova la sua definizione giuridica nell’articolo 33 della Carta
Costituzionale e viene ricollocato nel contesto della comunità scolastica
dall’articolo 2 del DPR n.417/74. Non si fa riferimento alla libertà dell’insegnante,
ma alla libertà dell’insegnamento, ossia ad una libertà ”funzionale” per
rendere più efficace l’azione educativa; non ci muoviamo
all’interno di una libertà ”privata” dell’insegnante,
ma piuttosto in un quadro di libertà “professionale”,
soggetta al controllo sociale. Non si tratta nemmeno di una libertà incondizionata,
come troppo spesso è stata intesa per sottolineare la fissità ,
quasi “castale” del ruolo docente.
- Lo spazio di tale libertà è l’espressione
culturale all’interno della comunità di apprendimento nella
quale sono coinvolti, in cammino di ricerca, insegnanti e alunni, esperti
e
profani. L’esercizio della libertà di insegnamento è collegiale
e trova la sua palestra nel confronto culturale all’interno del
collegio dei docenti, chiamato in causa intorno alla sperimentazione,
alla ricerca educativa, alla formazione e allo sviluppo professionale.
- Lo scarso costume aggregativo: più” singoli” che
corpo professionale
- Un nodo problematico che connota la “questione
insegnante” è costituito
dallo scarso costume aggregativo. La gestione di un processo di cambiamento
richiede che da parte del gruppo professionale vi sia “un’identità forte”;
accade piuttosto che i più severi svalutatori della propria
professione siano spesso gli stessi insegnanti.
- L’aspetto “umano”,
la qualità della relazione, “l’orgoglio” professionale
come consapevolezza di valori coerenti diffusi e condivisi all’interno
del gruppo docente, sono condizioni indispensabili per la costruzione
di un’autoimmagine e di uno spazio di confronto tra “pari”,
per recuperare il senso di appartenenza alla scuola e alla professione
che superi l’effetto paralizzante vuoi dell’ansia, vuoi del
disimpegno, del rifugio nel “sempre fatto” e nell’individualismo
che farebbe perdere il senso dell’impresa partecipata. La socializzazione
professionale degli insegnanti è elemento di primaria importanza
per l’interazione con le regole del sistema, aprendo spazi di decisionalità dei
docenti non in senso corporativo, ma creativo, promozionale e di ricerca.
- Nei Paesi europei la linea di tendenza si orienta
nella promozione delle politiche pubbliche che riguardano le professioni
e, come logica
conseguenza, l’associazionismo professionale è divenuto
sempre più attivo; in tal modo le competenze e le risorse professionali
maggiormente qualificate vengono portate al servizio della democrazia
e pare questo essere uno dei problemi più importanti nella sfera
dell’organizzazione politica e della qualità dei servizi.
- La creatività istituzionale e la formazione
dei professionisti
- Il processo creativo procede secondo una logica
di deburocratizzazione e di responsabilizzazione che rendono visibile
l’autonomia, passando
da un a linea “a cascata” in cui il massimo di flessibilità è costituito
dal decentramento come semplice trasferimento di attribuizioni, ad un
sistema “a stadi” nel quale vi sono specifici ambiti di autonomia
e di decisionalità, all’interno di un quadro di obiettivi
generali e di un contesto formativo”leggero”. L’unità scolastica
diviene così il centro di alcune azioni che concretizzano il potere
dei soggetti decisori; ’educazione è un processo umano complesso
e non una macchina; qualunque cambiamento creativo, per esistere realmente,
necessita della partecipazione dei veri agenti del sistema, cioè degli
insegnanti in servizio.
- Il “motore” di qualità professionale è riconoscibile
nella dinamica della formazione , iniziale e continua.
- La formazione
universitaria dovrebbe perseguire alcuni obiettivi di fondo, sui quali
ancorare la stessa formazione in servizio:
- A)l’autonomia come acquisizione di disponibilità a riconvertire
la spessore scientifico della propria competenza, in risposta a nuove
esigenze;
- B)una formazione da ricercatore che abiliti il docente ad una rilettura
critica della proprie azioni professionali e ad un vaglio critico delle
novità pedagogiche;
- C)la specializzazione necessaria per superare l’idea di operatore
tuttologo, anche per innalzare il profili della professione;
-
D)la valutazione
quale indispensabile dimensione che consente di analizzare i fattori
che incidono sugli esiti scolastici e sulla qualità dell’istruzione.
- Alla formazione in servizio va indirizzato il maggiore sforzo in
quanto i docenti che ora sono presenti nelle scuole, vi resteranno
ancora per
diversi anni.
- L’opzione metodologica risulta centrale per gli esiti
che si intendono raggiungere. Le pratiche legate alla forma aggiornativa
hanno
raggiunto deboli esiti e poco duraturi. Si ritiene che il perno della
formazione diventi il “fare scuola” con le azioni connesse,
muovendo dall’insegnante considerato il vero “esperto” (colui
che ha esperienza e anche ne ha fatto oggetto di riflessione e di sistematizzazione
critica; la biografia professionale fornisce preziosi punti e spunti
per l’itinerario formativo. L’ esperto ,tradizionalmente
inteso, non distribuisce sapere ,ma si trasforma in problematizzatore
delle azioni concrete di aula, in consulente, ecc., che accompagna un
itinerario che “fa parlare le azioni” e dalla pratica sostiene
una riflessione teorica perseguendo la circolarità pratica/teoria,
azione/ricerca.
Tematiche e linee di lavoro riguardanti il corso
- Ricognizione relative alle conoscenze previe e alle attese; costruzione
di uno sfondo complessivo di riferimento
- Le autoimmagini professionali correlate con le rappresentazioni
sociali circa gli insegnanti
- Alcuni tracciati di storia della professione
in Italia: tra “educatori
del popolo” e “intellettuali critici”
- La “questione insegnante” nel dibattito
internazionale
- Alcuni caratteri definienti la professione docente tra tradizione
e innovazione
- Gli insegnanti e l’appartenenza al sistema :realizzare la fedeltà “all’istituito” e
promuovere “l’istituente”. Autonomia ,libertà ,responsabilità tra
insegnamento e apprendimento.
- Gli insegnanti costruttori della riforma della scuola
- Professionisti di formazione , protagonisti del proprio processo
formativo
- E –learning : sostituibilità dei
docenti ? Si avvera il sogno di Illich ?
Linee metodologiche
Verranno utilizzate metodologie integrate con l’obiettivo
di rendere attivi il processo di apprendimento.
Si utilizzeranno le tecniche del “brainstorming”, del” role-
play”, studi di caso, estrapolazione di “parole chiave” da
materiale documentale, “gruppi di sussurro”…
Saranno utilizzate griglie di lavoro e materiale strutturato.
Riferimenti bibliografici
- AA.VV. Scuola italiana, scuola europea?, Associazione TREELLE, Quaderno
n.1, maggio 2002
- Commissione Europea, Insegnare e apprendere Verso
la società conoscitiva,
Libro Bianco, Lussemburgo 1995
- Rapporto Unesco a cura di J. Delors, Nell’educazione
un tesoro, Armando Editore, Roma 1997
- Bottani N.,Professoressa addio, Il Mulino, Bologna 1994
- Bottani N., Insegnanti al timone, Il Mulino, Bologna 2002
- Fabbri L., Insegnanti allo specchio, Armando Editore, Roma 1998
- Ziglio C.( a cura di ), Etnografia delle professioni, Armando Editore,
Roma 2000
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